lasciate ogni speranza voi che entrate

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domenica 25 settembre 2011

Il risveglio autunnale della valle




Benvenuto autunno! So che tanti questa frase non lo sopportano ma io me ne frego. A me l’autunno piace un sacco. Questa mattina il cielo era avvolto dalla tipica nebbiolina umida autunnale, mi sono messa i mie scarponi e sono andata a farmi un giretto in valle (in montagna ci vado domani J) …Anche se nessuno se la fila di striscio, la zona che costeggia il Lambro, sulla vecchia strada per Rezzago, è un piccolo angolo incantato, dove vagare indisturbati senza incontrare anima viva, appunto. La valle Bassa si raggiuge passando dal bosco, passando prima tra gli archi delle piante di nocciolo per arrivare in una pineta, piantata ai tempi in cui mia mamma faceva le scuole dell’obbligo, dagli studenti di Asso, in un periodo, gli anni ’60, in cui si cominciava a prestare attenzione alla salvaguardia della natura….bè, anche se forse era meglio non metterli, quei pini, disposti in fila uno all’atro, sono proprio belli e misteriosi, uno di quei posti che apprezzerebbe anche David Lynch per quei lavori che esplorano il lato oscuro, con qualche soggetto inquietante come “i gufi non sono quello che sembrano”. Io, infatti, quando sono immersa li dentro mi ritrovo a pensare a delle storie, e come nelle favole immagino uno di quei lupi neri che correndo con gli occhi infuocati seguono le tracce della sua preda…che cmq non vorrei essere io ed allora vorrei indossare un mantello dell’invisibilità, per sfuggire a tutto e restare ad osservare ciò che succede indisturbatamente. Ma tornando alla realtà, quella valle mi ha affascinato sin da piccola, quando nelle notti d’estate i punk, attrezzati di torce per camminare al buoi o al chiaro di luna, imboccavano il bosco per raggiungere la vecchia cascina sul fiume, che ancora non è stata abbattuta, e ritrovarsi per passare la notte attorno ad un fuoco in cerca di qualche visione nell’oscurità, rotta solamente dal suono dei tamburi e dalle loro risa. L’autunno è la stagione migliore per stare in questi posti, perché le luci e i colori, che passano dal verde scuro a varie tonalità di grigio, rendono tutto ancora più impenetrabile. Già si raccolgono le castagne, salendo in valle Alta e alla conca di Enco…ora aspetto solo di avere qualche pomeriggio libero per andare a raccoglierne un po’, immaginando di ritornare verso casa tra i profumi della prima  legna bruciata nei camini e con borse piene da fare arrostire sul fuoco in giardino.


giovedì 22 settembre 2011

Quando la modernità genera mostri...e la fabbrica è il centro commerciale

La modernità genera mostri, questo è sicuro. E  ultimamente mi sono accorta di alcune dinamiche che si sono create all’interno dello spazio umano, che si chiama centro commerciale, fatto per soddisfare buona parte dei nostri bisogni, per il maggior tempo possibile. Si può mangiare, in più di un locale, si possono trovare ogni tipo di genere di commercio, ci sono i giochi per i bambini, l’aria condizionata per gli anziani che possono rinfrescarsi su una panchina, mangiando un gelato, servizi igienici, il parrucchiere e tutto quello che permette ad una persona di viverci per diverse ore, se non  per un’intera giornata. Oltre a chi ci trascorre tanto tempo perché vi lavora, c’è anche qualcuno che l’ha preso come una seconda casa, anzi, come un rifugio, dove trovare conforto e un rimedio alla solitudine. Ci sono tante storie che si intrecciano dentro questo cubo di cemento, un po’ come in un reality, la vita degli altri è sotto la lente di ingrandimento. C’è un tipo, sui trentacinque anni dai capelli biondi ingellati, che riconosco sempre, perché è il cassiere del discount dove vado a fare la spesa. Lui lavora in un altro complesso, ma tra un turno e l’altro abbandona quel posto, che probabilmente non lo soddisfa, e si siede ai tavoli del fastfood oppure del bar per mangiarsi un panino, sempre da solo con i suoi occhiali scuri, che gli danno un aria particolarmente strana. Sembra un personaggio stereotipato che rappresenta le ambizioni di un nomo che ha voluto spostare il suo mondo in un centro commerciale, dove trova un’identità. Sono arrivata alla conclusione che si “infiltra” nell’habitat in cui, probabilmente, vorrebbe lavorare, restando in incognito fino a che non sarà riuscito a conquistare la sua posizione li dentro, ma nel frattempo e inizia ad affermarsi passo passo con la sua presenza continua. Un cassiere frustrato, perché al posto che lavorare in supermercato di fama ha trovato impiego in un negozio meno prestigioso, ma che vorrebbe stare nel “paradiso dello shopping”. A quel punto, forse, toglierà gli occhiali scuri per lasciare il posto ad un bel sorriso di commesso realizzato. Poi c’è chi, come il sosia di Elvis, ha sognato per mesi di lavorare li e poi si è licenziato per divergenze di opinioni, perché soprattutto le persone motivate, se deluse, possono rendere esplosive le situazione. Ma  nonostante questo, lui al centro commerciale si può dire che ci abita e se non è alle prove col suo gruppo di cover lo trovi a qualsiasi ora del giorno a vigilare sugli acquirenti. C’è la signora “Che bello” che se si infila un negozio non ci esce più fino a che ha detto “che bello” a qualsiasi articolo e ha fatto venire un esaurimento nervoso alle commesse. Infine, ci sono quelli che la spesa  vogliono farla quando gli pare a loro e vengono richiamati più di una volta ai microfoni quando il negozio è in chiusura…le cler sono già quasi abbassate e fanno andare a casa i lavoratori in ritardo e con le palle girate! Insomma una gabbia di matti.

martedì 13 settembre 2011

Quando percorrere 50 chilometri si trasforma in un’Odissea… Trenord sa come regalare emozioni


Inizierei questo mio racconto con una bella fila di insulti ma tutto sommato, stupida pure io, come ho fatto a non pensare che un aperitivo a Milano mi potesse incasinare la vita? Reduce da due anni come pendolare sulle Nord avrei dovuto metterlo in preventivo che qualche ritardo del caxxo, mi avrebbe lasciata a piedi…e così ieri sera, mentre aspettavo che il passante in Garibaldi mi portasse in Bovisa a prendere la coincidenza con l’ultimo treno diretto ad Asso, il dubbio ha cominciato ad assalirmi…sul tabellone scorrevano i numeri che indicavano il ritardo del passente, che si faceva sempre più grande. Per 5 minuti sono fuori, anzi giù dal treno e l’unica alternativa rimasta è stata arrivare almeno fino a Seveso, dove mi è toccato aspettare 1 ora il pullman sostitutivo. Caro aperitivo quanto mi sei costato…a parte i rincari dei biglietti davvero osceni: 10,30 euro andata e ritorno, più i biglietti della metro che sono aumentati 50 centesimi (costa quasi meno andarci in auto e ho detto tutto) ho perso davvero un sacco di tempo e io odio perdere tempo! Da quando mi sono messa in viaggio verso le 20, sono riuscita ad arrivare a casa, sana e salva, solo alle 22,30 passate...fortunatamente in compagnia di un autista simpatico, che mi ha raccontato le sue avventure del turno di notte, fatte anche di sacrifici e di qualche spavento. Così mi sono consolata facendo due chiacchere e anche la rabbia mi è sbollita. È vero che in questo periodo sono più incaxxata del solito ma con Trenord, la nuova locuzione della compagnia ferroviaria, la pazienza è difficile non perderla. Ma la lezione devo dire che l’ho imparata: mai fidarsi!

lunedì 5 settembre 2011

Un giorno da twin peaks

La nebbia si alza dalla pineta, sullo sfondo di un cielo grigio e tetro, proprio come in autunno inoltrato. L e cime degli alberi si stagliano verso l’alto mentre nel sottobosco c’è l’oscurità che dà ospitalità.  È questa  la mia immagine di Twin Peaks. L’idea di uno spazio e di una natura che nascondono delle storie, di bene e di male, circondate da un alone di mistero. La nebbia si sposta avvolgendo gli alberi e si solleva sempre più in alto come se trascinasse con se quel che è successo. E anche qua, sotto le cime, oggi è accaduto qualcosa. Una donna è stata ritrovata senza vita nel lago, in un giorno grigio e tetro. Una tragedia come altre. Una morte triste e solitaria. Forse, come Laura Palmer, questa donna, ancora senza nome, è stata vittima dei suoi demoni. Ad ogni modo una fine del genere impressiona sempre in modo negativo. Un corpo che affiora dall’acqua, fluttuando senza meta come stesse scontando una pena, cercando la pace in qualche dove. È  per forza una fine tragica anche se non sembra trattarsi di una morte violenta. Nessuno ancora sa quel che è successo.

giovedì 1 settembre 2011

Un volto lontano, così vicino

È nato lontano ma quell’espressione lo fa così vicino al mio cuore che non ci sono barriere, ne  lingua ne  religione. Non mi commuovo facilmente ma qualche volta nella vita, penso che sia così per tutti, si incontrano delle persone che ti sconvolgono in qualche modo, anche se non parlo di amore. Lui è un profugo, è una persona che è scappata da un dolore per me inimmaginabile e vedere sul suo viso una simile espressione di pace, nonostante tutto, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi e a fatica ho fatto finta ni niente. Forse, un po’ ,anche perché mi ricorda un affetto molto importante. Alto e magrissimo, con uno sguardo intelligente e sereno,  così com’era mio nonno. Il ricordo mi ha calamitato inevitabilmente verso di lui, facendomi apprezzare molto di più da questa storia. Mi è piaciuto vedere sorridere di nuovo delle persone che hanno patito tanto e se vivo in una società che è ancora capace di regalare un sorriso a qualcuno, allora ne vale la pena.  È sentirsi forti di qualcosa, anche se i problemi ci sono e anche tanti, ma saper sostenere un’azione d’aiuto è già qualcosa.