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giovedì 22 settembre 2011

Quando la modernità genera mostri...e la fabbrica è il centro commerciale

La modernità genera mostri, questo è sicuro. E  ultimamente mi sono accorta di alcune dinamiche che si sono create all’interno dello spazio umano, che si chiama centro commerciale, fatto per soddisfare buona parte dei nostri bisogni, per il maggior tempo possibile. Si può mangiare, in più di un locale, si possono trovare ogni tipo di genere di commercio, ci sono i giochi per i bambini, l’aria condizionata per gli anziani che possono rinfrescarsi su una panchina, mangiando un gelato, servizi igienici, il parrucchiere e tutto quello che permette ad una persona di viverci per diverse ore, se non  per un’intera giornata. Oltre a chi ci trascorre tanto tempo perché vi lavora, c’è anche qualcuno che l’ha preso come una seconda casa, anzi, come un rifugio, dove trovare conforto e un rimedio alla solitudine. Ci sono tante storie che si intrecciano dentro questo cubo di cemento, un po’ come in un reality, la vita degli altri è sotto la lente di ingrandimento. C’è un tipo, sui trentacinque anni dai capelli biondi ingellati, che riconosco sempre, perché è il cassiere del discount dove vado a fare la spesa. Lui lavora in un altro complesso, ma tra un turno e l’altro abbandona quel posto, che probabilmente non lo soddisfa, e si siede ai tavoli del fastfood oppure del bar per mangiarsi un panino, sempre da solo con i suoi occhiali scuri, che gli danno un aria particolarmente strana. Sembra un personaggio stereotipato che rappresenta le ambizioni di un nomo che ha voluto spostare il suo mondo in un centro commerciale, dove trova un’identità. Sono arrivata alla conclusione che si “infiltra” nell’habitat in cui, probabilmente, vorrebbe lavorare, restando in incognito fino a che non sarà riuscito a conquistare la sua posizione li dentro, ma nel frattempo e inizia ad affermarsi passo passo con la sua presenza continua. Un cassiere frustrato, perché al posto che lavorare in supermercato di fama ha trovato impiego in un negozio meno prestigioso, ma che vorrebbe stare nel “paradiso dello shopping”. A quel punto, forse, toglierà gli occhiali scuri per lasciare il posto ad un bel sorriso di commesso realizzato. Poi c’è chi, come il sosia di Elvis, ha sognato per mesi di lavorare li e poi si è licenziato per divergenze di opinioni, perché soprattutto le persone motivate, se deluse, possono rendere esplosive le situazione. Ma  nonostante questo, lui al centro commerciale si può dire che ci abita e se non è alle prove col suo gruppo di cover lo trovi a qualsiasi ora del giorno a vigilare sugli acquirenti. C’è la signora “Che bello” che se si infila un negozio non ci esce più fino a che ha detto “che bello” a qualsiasi articolo e ha fatto venire un esaurimento nervoso alle commesse. Infine, ci sono quelli che la spesa  vogliono farla quando gli pare a loro e vengono richiamati più di una volta ai microfoni quando il negozio è in chiusura…le cler sono già quasi abbassate e fanno andare a casa i lavoratori in ritardo e con le palle girate! Insomma una gabbia di matti.

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